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Autore: Raffaela frezzotti

Gruppo fEMPOWER

 

Il gruppo fEMPOWER è uno spazio, un laboratorio, un momento di confronto settimanale tra donne che hanno subito violenza e che hanno davanti a sé una sfida importante: ricostruirsi una vita serena, libera dai soprusi, credendo in se stesse e nella propria forza, la stessa forza che ha permesso loro di sopravvivere alla violenza.

All’interno del gruppo le donne sono libere di esprimere se stesse in un clima di rispetto e accettazione e in una relazione fra donne che sostiene, valorizza, rinforza. Possono così centrarsi sul proprio benessere personale, ricostruire una sana fiducia in se stesse, rafforzare la capacità di difendere i propri diritti.

La partecipazione al gruppo è gratuita ed è garantito il rispetto della riservatezza.

 

Alcune testimonianze:

“Grazie al gruppo, ho riscoperto me stessa. Ne ho tratto la gioia di aver condiviso la sofferenza delle donne, di tante donne, e trasformarla in libertà.”

 

“Ho capito che ho i miei diritti! Posso avere i miei interessi e la sofferenza può finire!”

 

“Porterò con me la consapevolezza che nonostante ciò che abbiamo subito siamo forti, non siamo le uniche, non è stata colpa nostra, abbiamo diritti … tanti … e ci è permesso piangere!”

 

Altro sul progetto fEMPOWER: QUI e QUI

Sportello anti-stalking

 

Donne e Giustizia ha attivato nel 2011 uno sportello antistalking per garantire un servizio ed un aiuto alle donne che subiscono questo tipo specifico di violenza, grazie anche a un Protocollo d’Intesa tra Donne e Giustizia e la Commissione Speciale delle donne elette nel Consiglio e per le Pari Opportunità tra uomo e donna della Provincia di Ancona.

Lo sportello anti-stalking offre una risposta ai casi di molestie assillanti e comportamenti persecutori. È in grado di mettere a disposizione dell’utenza competenze professionali avanzate in materia di valutazione obiettiva dei rischi a cui è esposta la vittima, strategie comportamentali di fronteggiamento e di auto-protezione, nonché strumenti legali di difesa.

Sostegno psicologico

La violenza, che sia fisica o psicologica, ha sempre conseguenze sulla persona, arrivando a danneggiarne tutte le sfere di vita.

L’autostima viene solitamente molto colpita: le vittime di violenza pensano a se stesse come persone indegne, incapaci, inadeguate, inferiori. Ne risentono la vita sociale – che tenderà a restringersi sempre di più – e le capacità comunicative, che saranno sempre di più improntate alla passività e alla remissività. Il fatto di vivere costantemente in allerta a causa di una minaccia quasi sempre presente, inoltre, determina una condizione di continua tensione e stress che può facilmente sfociare in disturbi psicosomatici (colite, gastrite, dolori cronici, emicranie, insonnia, ecc.). Spesso si riscontrano inoltre disturbi dell’umore come la depressione, disturbi alimentari come l’anoressia o la bulimia, disturbi d’ansia come gli attacchi di panico o il disturbo post traumatico da stress.

Il centro antiviolenza Donne e Giustizia offre alle donne percorsi individualizzati di sostegno psicologico volti a sostenere il percorso di fuoriuscita dalla violenza, elaborando il trauma emotivo causato dall’esperienza di vittimizzazione, lavorando sul rafforzamento dell’autostima, affiancando la donna nel dirimere i suoi dubbi e assumere decisioni importanti per la propria vita in modo autonomo.

LE CONSULENZE EROGATE DALLE NOSTRE PSICOLOGHE SONO COMPLETAMENTE GRATUITE.

Consulenza legale

 

Uscire dalla violenza può essere più facile, con la consulenza di una avvocata. Si può infatti rimanere bloccate nel contesto violento proprio per la mancanza di informazioni importanti sui diritti, le leggi, le procedure giuridiche, il diritto di famiglia.

Le avvocate dell’associazione sono a disposizione per illustrare e discutere le opzioni sul piano legale. Lo scopo è quello di porre le donne nella condizione di fare scelte consapevoli e ponderate, tutelando i propri diritti e quelli dei figli.

LE CONSULENZE SONO COMPLETAMENTE GRATUITE E RISPETTOSE DELLA VOLONTÀ DELLA DONNA, CHE SARÀ SEMPRE LIBERA DI INTRAPRENDERE AZIONI LEGALI O MENO.

Accoglienza nel centro antiviolenza

 

L’equipe del Centro antiviolenza è composto esclusivamente da donne, per rendere il contesto di aiuto quanto più accogliente e confidenziale possibile, mettendo in primo piano la relazione di genere.

Il Centro garantisce segretezza, anonimato e il rispetto delle decisioni della donna. Tutte le consulenze sono gratuite.

La prassi prevede una prima accoglienza, in cui viene ascoltata la donna e la sua storia di violenza, vengono identificati i suoi bisogni specifici, le sue risorse e soprattutto i suoi desideri. Da questo momento si attiva un percorso individuale, di sostegno nel raggiungimento dell’obiettivo ultimo di liberarsi dalla violenza.
A seconda dei casi, tale percorso può prevedere:

  • Orientamento ai servizi del territorio col fine di rafforzare la rete di sostegno della donna;
  • Analisi di tutte le possibili opzioni a sua disposizione;
  • Elaborazione di un piano di sicurezza;
  • Percorso di consapevolezza dei meccanismi della violenza, dei diritti personali e delle modalità per difenderli;
  • Esplorazione di percorsi di autonomia e di emancipazione dal controllo degli uomini, sia che si decida di lasciare il partner abusante o meno.

LE FORME DI VIOLENZA

Si può considerare violenza ogni abuso di potere e controllo che si manifesta attraverso il sopruso fisico, sessuale, psicologico ed economico. Le forme che può assumere la violenza sulle donne possono presentarsi isolatamente, ma il più delle volte sono combinate in modo che una forma di controllo apra le porte all’altra.

Ne consegue un clima di paura e tensione, da cui è molto difficile sottrarsi, proprio nella misura in cui l’autore delle violenze è spessissimo un familiare o una persona a cui la donna è legata sentimentalmente. Riconosciamo gli esempi più comuni di violenza:

Violenza fisica

La violenza fisica colpisce il corpo e minaccia l’integrità fisica della persona, fino al rischio per la sua vita: spinte, calci, pugni, strattonamenti, mani alla gola, ma anche ferite inferte con armi o oggetti contundenti.

Le conseguenze della violenza fisica sono lesioni più o meno gravi, ematomi, ferite, aborti, morte.

Violenza psicologica

È violenza psicologica ogni mancanza di rispetto che offende e mortifica la dignità di persona o qualunque forma di manipolazione volta ad ottenere una posizione di dominio sulla vittima. Sono forme di violenza psicologica le critiche continue, le battute che rendono ridicola la persona davanti ad altri, gli insulti, le intimidazioni, le minacce, i ricatti. Molto comuni sono le strategie finalizzate a isolare la donna facendole terra bruciata intorno e impedendole di frequentare amici/che o familiari oppure il controllo ossessivo di tutto quello che fa. Con l’obiettivo di intimorire, il maltrattante può agire violenza su oggetti o animali (strappare le foto di lei, infierire sugli animali domestici, distruggere i suoi vestiti, danneggiare oggetti o mobili della casa oppure documenti necessari come il permesso di soggiorno, ecc.).

Le conseguenze della violenza psicologica sono un abbassamento dell’autostima, un persistente stato d’allerta e di terrore, ansia, depressione, disturbi psicosomatici o alimentari, difficoltà sul piano della genitorialità.

Violenza economica

È ogni forma di controllo che minaccia l’autonomia economica della donna: impedirle di lavorare, metterla in difficoltà nel suo luogo di lavoro, oppure controllare le sue finanze, sottrarre i suoi beni, costringerla a firmare contratti senza spiegazioni, pretendere di decidere da solo sull’economia familiare tenendola all’oscuro di tutto.

La conseguenza di questa forma di violenza è la dipendenza materiale dall’uomo maltrattante, con difficoltà talvolta insormontabili da affrontare quando la donna decide di lasciarlo ma non ha le risorse per poterlo fare.

Violenza sessuale

È violenza sessuale ogni forma di coinvolgimento in attività sessuali senza il consenso della donna oppure con un consenso estorto tramite intimidazione o l’insistenza: stuprarla, molestarla sessualmente, obbligarla a pratiche per lei umilianti o degradanti, obbligarla ad assistere ad attività sessuali contro la sua volontà, insistere per avere un rapporto ignorando i suoi “no”.

Le conseguenze sono sia fisiche (lesioni, lacerazioni, infezioni, ecc.), sia psicologiche (difficoltà col proprio corpo e con l’area della sessualità, ansia, riduzione dell’autostima, ecc.)

LE DINAMICHE DEL POTERE

 

La violenza all’interno di una relazione intima è caratterizzata da una serie di azioni che un uomo sceglie di mettere in atto in modo continuativo e ripetuto per controllare e dominare intenzionalmente la propria partner. La violenza fisica è solo una di queste.

I resoconti dei maltrattamenti subiti da tante donne hanno portato a documentare le tattiche e i comportamenti abusivi più comuni usati, al fine di mantenerle soggiogate e impotenti.

CONTROLLO ECONOMICO

Impedirle di lavorare, sottrarre il suo stipendio o appropriarsi dei suoi beni, pretendere di gestire da solo l’economia familiare tenendo lei all’oscuro, controllare il denaro che lei spende, farle mancare i mezzi di sussistenza.

MINACCE E COERCIZIONE

Ricattarla, minacciarla di farle del male, di lasciarla, di uccidersi se lei non fa quello che chiede, obbligarla a ritirare le denunce.

INTIMIDAZIONI

Spaventarla con gesti o sguardi, distruggere oggetti in sua presenza per intimorirla, dare pugni o calci a mobili, porte, ecc., puntare un’arma, fare del male agli animali domestici.

ABUSO EMOTIVO

Insultarla, umiliarla, offenderla, dirle che è pazza, che non vale niente, distruggere la sua autostima, manipolarla, colpevolizzarla, criticarla in continuo, dirle che non è capace a fare niente.

ISOLAMENTO

Controllare tutto quello che fa, le persone che frequenta, le comunicazioni via telefono, sms o chat, pretendere di sapere in ogni momento dove si trova, impedirle di uscire, giustificando tutto con la gelosia.

ABUSO DEI PRIVILEGI MASCHILI

Pretendere di essere servito, trattarla come una schiava o una sguattera, prendere da solo le decisioni importanti, metterla in una posizione subordinata in quanto donna.

STRUMENTALIZZAZIONE DEI BAMBINI

Ripeterle che è una pessima madre, che sta danneggiando i suoi figli con la sua incapacità, farla sentire in colpa rispetto ai figli, minacciarla di portarglieli via, strumentalizzare i bambini e le bambine per ferirla o usarli per controllarla.

MINIMIZZAZIONE O NEGAZIONE DELLA VIOLENZA

Dopo le violenze, negare che siano mai avvenute, oppure parlarne come fossero fatti insignificanti, spostare la responsabilità delle violenze su di lei, dicendo che è stata lei a provocarle coi suoi errori e le sue provocazioni.

Ognuna di queste modalità mira all’obiettivo preciso di rendere la donna isolata, debole, dipendente, insicura di se stessa, priva di risorse per andarsene e perfino colpevolizzata per le violenze che lei stessa subisce. Il risultato sarà tutta una serie di timori che la terranno bloccata nella situazione, aumentando quindi il potere del maltrattante.

  • Senza un lavoro e una casa, dove andrò?
  • E se davvero si suicidasse se lo lascio? E se davvero arrivasse a uccidermi?
  • Se oso contraddirlo, mi picchierà di nuovo?
  • E se decido di andarmene, come me la caverò da sola?
  • Senza più nessuno che mi possa aiutare, come posso farcela?
  • Se lo lascio, significa che sono stata una pessima moglie?
  • E se riuscisse davvero a portarmi via i bambini?
  • Sarà forse vero che è stata colpa mia, che ho sbagliato … se mi sforzo di fare meglio la prossima volta, forse non succederà più …

Se riconosci alcuni dei comportamenti del tuo partner e ti ritrovi nei pensieri e nei dubbi tipici delle donne che subiscono violenza, è proprio il caso di chiedere aiuto.

 

IL CICLO DELLA VIOLENZA

La violenza sulle donne è spesso circondata da un alone di disinformazione e di miti che non rispondono alla realtà. Uno di questi miti ha a che fare col ritenere che gli uomini violenti siano violenti sempre, tutto il tempo, in tutto ciò che fanno e con chiunque. Questa idea è erronea e facilmente porta a malgiudicare le donne che intrattengono una relazione sentimentale con questo tipo di uomo, quasi a vederci un “essersela cercata” o una specie di masochismo che le porta a legarsi a un “orco”.
L’altra conseguenza nefasta di questo mito è il non riuscire a comprendere come una donna possa rimanere intrappolata in una relazione violenta.
La realtà è infatti un’altra e rispecchia uno schema definito in letteratura “ciclo della violenza”, che vede l’alternarsi di tre fasi:

FASE DI CRESCITA DELLA TENSIONE

In questa fase l’uomo inizia a mostrare un atteggiamento scontroso. La sua rabbia sale di pari passo con la paura della donna, che coglie i segnali di pericolo e fa del suo meglio per prevenire l’escalation di violenza, spesso cercando di rabbonirlo, assecondarlo, sottomettendosi. L’ostilità però continua a manifestarsi, anche sotto forma di intimidazioni, denigrazioni, silenzi.

FASE DI MALTRATTAMENTO

In questa fase esplode la violenza, a partire dai pretesti più vari percepiti dal maltrattante come “colpe” della partner. Essenzialmente a precipitare la violenza è il timore di perdere il controllo sulla donna. Il maltrattante riconquista il pieno controllo della situazione; la violenza cesserà solo quando lui lo vorrà.

FASE DELLA “LUNA DI MIELE”

In questa fase il partner si mostra dolce, tenero, premuroso, fa dei regali, chiede scusa per le sue azioni e promette di cambiare, tutto purché la donna non si separi da lui. Spesso ridiventa agli occhi della donna l’uomo di cui si è innamorata, affettuoso, attento e desideroso di fare del proprio meglio per salvare la relazione. Talvolta non si verifica una vera e propria “luna di miele”, ma comunque il maltrattante offrirà una fase di “tregua”, in cui si ricomincia a vivere più tranquillamente e alla donna possono essere fatte delle “concessioni”.

Il ciclo della violenza contempla in altre parole una continua alternanza di atteggiamenti ostili e violenti con atteggiamenti opposti di cura e affettività. È esattamente questa alternanza a rappresentare la trappola da cui può diventare difficile liberarsi: lo stesso uomo che fa violenza è anche lo stesso di cui ci si è innamorate e che continua a promettere che le cose andranno meglio. Ciò fa rinascere le speranze della donna, che invece di troncare una relazione pericolosa, può decidere di dare un’altra opportunità, impegnandosi lei stessa per migliorare la situazione. Questo impegno per le donne diventa spesso un rinunciare alle proprie libertà, sottomettersi, fare tutto affinché lui non sia mai scontento, sacrificare spazi personali, restare zitta quando avrebbe invece da ridire, accettare di vivere in una relazione non alla pari.
All’interno del ciclo della violenza, la donna può arrivare a pensare di essere lei la responsabile dei comportamenti violenti del partner, inizia a pensare di non essere stata abbastanza attenta, cauta, gentile, brava, precisa, meritevole, intelligente. A lungo andare può arrivare a pensare di meritare le violenze, a causa degli errori che commette.

Cara lettrice di questa pagina, se ti ritrovi nella descrizione del ciclo della violenza, chiedi aiuto. Tu sei brava, intelligente, forte, capace, anche se ti viene fatto credere il contrario. NON MERITI LE VIOLENZE, MAI, QUALUNQUE ERRORE TU POSSA COMMETTERE!

LO STALKING

Lo stalking è ogni forma di persecuzione in grado di limitare la libertà di una persona e di violare la sua privacy: chiedere ripetutamente appuntamenti, aspettarla fuori casa, a scuola o al lavoro, inseguirla o spiarla, inviarle messaggi, telefonate, e-mail, lettere o regali indesiderati.

I comportamenti molesti messi in atto dallo stalker sono continui ed assillanti, motivati dalla ricerca di un contatto personale con la vittima.

Tipicamente scatta quando una donna decide di interrompere una relazione con un uomo che si è già mostrato violento o controllante e che non accetta questa decisione.

La vittima di stalking vive in uno stato continuo di allerta, ansia, angoscia, non sentendosi sicura nemmeno a casa propria, avverte un senso di minaccia perdurante, è costretta a modificare le sue abitudini e i luoghi che frequenta abitualmente, limitando la sua libertà. La qualità della vita ne risente pesantemente: tendenza ad isolarsi, paura a uscire da sola, difficoltà a relazionarsi a causa di una crescente diffidenza.
A lungo andare potrebbe presentare depressione o disturbo post-traumatico da stress per gli atti persecutori che subisce.

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